A cura di Sauro Mostarda, CEO di Lokky
Negli ultimi anni il Bel Paese si è trovato ad affrontare una sfida crescente legata all’aumento del rischio idrogeologico, le recenti catastrofi naturali, tra cui siccità, terremoti, inondazioni e frane, oltre ad aver messo in una condizione di grande emergenza molti dei cittadini privati italiani, hanno avuto un impatto significativo sulla stabilità economica delle imprese italiane, in particolare delle PMI. A differenza delle grandi aziende, infatti, le piccole e medie organizzazioni sono le realtà più a rischio, a causa della limitata situazione economica e della carenza di una cultura e una copertura assicurativa adeguate. In che modo e in quali settori, quindi, l’emergenza climatica e il divario assicurativo stanno mettendo sempre più a rischio le PMI italiane e, quindi, l’ossatura del nostro tessuto imprenditoriale?
Se si guarda ai diversi comparti, il settore agricolo è indubbiamente uno dei più colpiti dall’aumento del rischio idrogeologico. Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), il rapporto sull’andamento dell’economia agricola del 2023 ha registrato un calo importante nella produzione agricola. Inoltre, le perdite specifiche per il settore agricolo rappresentano oltre il 60% delle perdite totali connesse alla siccità, che ammontano a circa 5 miliardi di euro all’anno, come riportato dal recente studio dell’Europarlamento. Inoltre, secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente, tra il 2010 e giugno 2023, in Italia sono stati registrati ben 96 eventi meteorologici estremi che hanno causato danni all’agricoltura. Questi eventi includono 38 grandinate, 21 casi di trombe d’aria e raffiche di vento, 15 allagamenti, 11 casi di siccità prolungata e 8 esondazioni fluviali. Le regioni più colpite sono state l’Emilia-Romagna con 15 eventi, il Piemonte con 12 e la Puglia con 11.
Le imprese di trasformazione e distribuzione non sono rimaste immuni dagli impatti del rischio idrogeologico; i dati indicano che queste tipologie di aziende hanno subìto perdite significative. L’Osservatorio sul Rischio Fisico delle Imprese ha evidenziato che in Italia, rischi fisici “alti” o “molto alti” interessano circa 1,3 milioni di unità produttive e 1 milione di organizzazioni, che impiegano 3,3 milioni di addetti. Ossia il 12,1% della forza produttiva delle società iscritte alle Camere di Commercio.
L’aumento del rischio idrogeologico richiede, però, una revisione delle coperture assicurative esistenti poiché le polizze attuali potrebbero non essere adeguate al mutato scenario climatico. Le compagnie stanno lavorando per sviluppare nuovi prodotti che tengano conto di queste necessità, ma la consapevolezza e l’adozione rimangono comunque una sfida per molte persone e numerose imprese. Dai dati dell’Italian Insurtech Association emerge infatti che circa 8 italiani su 10 non hanno coperture assicurative adeguate contro calamità catastrofali. Se parliamo di imprese, solamente il 7% delle PMI è assicurato contro questi rischi, e solo il 10% degli agricoltori italiani ha una polizza assicurativa contro danni atmosferici, cifra che in Germania si attesta intorno al 70%. Non solo, lo studio Cerved afferma che l’8% delle PMI si sviluppa in aree caratterizzate da rischio fisico elevato o molto elevato, in regioni come l’Emilia-Romagna, la Toscana, la Liguria, la Valle d’Aosta e lungo la dorsale Appenninica. Un altro 13,2% di PMI è invece situato in aree a rischio medio. Tra i principali motivi della mancata sottoscrizione di una protezione assicurativa troviamo la carenza di informazioni chiare sui prodotti, la scarsa fiducia nei confronti delle compagnie di assicurazione e l’effettiva incapacità di sostenere il costo del premio. Secondo i dati di Banca d’Italia, in media le PMI italiane investono in protezione assicurative 580 euro per ogni 100 mila euro di fatturato, che è decisamente poco.
Per affrontare questa sfida è fondamentale, da un lato, promuovere una cultura assicurativa più consapevole sui rischi e i vantaggi nel sottoscrivere certe tipologie di polizze; dall’altro, investire in tecnologia e digitalizzazione per creare soluzioni personalizzate che escludano coperture e costi superflui. Anche l’adozione di coperture assicurative attinenti alla situazione attuale e misure di mitigazione a livello aziendale diventano fondamentali per affrontare questa emergenza climatica in continua evoluzione.
Accanto a tale approccio sono, però, necessari interventi istituzionali, come ad esempio crescenti investimenti in infrastrutture resistenti all’acqua e piani di emergenza e formazione del personale che possono aiutare a ridurre l’esposizione e i costi associati a tali eventi meteorologici. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede un investimento di 2,49 miliardi di euro per interventi finalizzati alla gestione di tale rischio. Questo è un passo importante per affrontare la problematica, ma la collaborazione tra il settore pubblico e privato è essenziale per garantirne una gestione efficace.
Ebbene, secondo i dati Cerved, le imprese che non adotteranno rapidamente provvedimenti per gestire la transizione climatica, che è tra le cause del dissesto idrogeologico, avranno nel 2050 il 25% in più di probabilità di default rispetto a oggi e il 44% in più di chi invece investe fin da ora. Non solo: per le aziende ad alto rischio fisico si prospetta al 2050 una crescita dei costi annui per la ricostruzione di impianti e strutture pari all’1,6% dell’attivo e dei premi assicurativi fino al 3% del fatturato.
In questo contesto, si inserisce la recente proposta del governo di rendere obbligatoria la copertura contro i rischi provocati da alluvioni, inondazioni e terremoti. L’articolo 24 della bozza di legge di Bilancio 2024 stabilisce, infatti, che tutte le imprese con sede legale o stabile organizzazione in Italia debbano sottoscrivere un’assicurazione contro le calamità naturali. Per agevolare questa transizione, lo Stato ha proposto di offrire un parziale sostegno finanziario alle compagnie assicurative, contribuendo in parte ai costi delle polizze. Secondo il testo preliminare della legge, le imprese avranno tempo fino al 31 dicembre 2024 per assicurarsi contro eventi catastrofici come terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche, frane, inondazioni ed esondazioni. Nel caso di aziende che non rispetteranno questo obbligo, l’IVASS sarà autorizzata a infliggere sanzioni amministrative che vanno da 200.000 euro a 1 milione di euro. Al fine di garantire un’adeguata copertura, i contratti assicurativi stipulati dalle imprese non potranno prevedere una franchigia superiore al 10-15% del valore dei beni assicurati, introdotta per assicurare che le imprese mantengano una protezione significativa, evitando di ridurre eccessivamente i costi dei premi a scapito della sicurezza.