Smart working e il diritto alla disconnessione

La continua connettività alla rete di internet pervade ogni ambito della realtà attuale e, conseguentemente, della vita privata e lavorativa delle persone. I vantaggi più evidenti riguardano, indubbiamente, gli operatori dell’economia, dalla velocizzazione dei processi produttivi alle opportunità di risparmio e abbattimento dei costi. Ma quali sono gli effetti sulla vita dei lavoratori, laddove in regime di connessione constante non si riuscisse più ad attuare la necessaria distinzione tra lavoro e vita provata?

All’interno di questo contesto, si innesta lo sviluppo esponenziale del ricorso allo smart working, o lavoro agile, tramite il quale il dipendente, grazie all’impiego di tecnologie di connettività, può adempiere alle proprie mansioni a distanza, in spazi diversi dalla sede aziendale, inclusa la propria abitazione. Tale modalità organizzativa del lavoro si fonda sull’ideale di concedere al lavoratore, investito di una maggiore responsabilità, flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare in ambito lavorativo. Una visione “alta” votata al progresso e all’umanizzazione del lavoro che, per definizione, richiede tempo e adattamento al contesto socio-produttivo.

In contrapposizione a tutti questi benefici, però, dipendenti e manager rischiano di vedersi intrappolati in un “loop” di continua comunicazione, rendendo difficile la separazione fra lavoro e vita privata. Fortunatamente, esistono dei contesti normativi che, soprattutto in questo nuovo contesto di smart working, tutelano i lavoratori favorendone e garantendone la disconnessione.

Il diritto alla disconnessione è una norma che va ad agire su un doppio binario: dà la libertà ai dipendenti di non essere più reperibili oltre l’orario lavorativo; toglie la possibilità ai dirigenti di poter compromettere la loro posizione per la mancata disponibilità. Tale diritto nasce per tutelare il lavoratore, stabilendo confini netti tra la vita privata e quella professionale. Tagliare le comunicazioni, siano esse e-mail, chiamate, o messaggi, oltre l’orario di lavoro, permette agli impiegati di ritrovare il giusto equilibrio tra produttività e riposo. Per diritto alla disconnessione s’intende, quindi, la possibilità di garantire per legge ai lavoratori in smart work, o lavoratori agili, di rendersi non reperibili a determinate fasce orarie.

É sempre più importante inserirlo nei contratti, soprattutto a partire dalla diffusione della pandemia Covid-19, e il conseguente sviluppo dello smart-working. Il lavoro agile, o a distanza, in particolare quando è svolto da casa, ha modificato l’organizzazione del lavoro, spesso annullando concetti di luogo e tempo.
Il dilatamento degli orari lavorativi, tuttavia, non è positivo per il rendimento dei dipendenti, ed è per questo che deve essere regolarizzato attraverso la legge.

Oltre a costituire un importante diritto a tutela del tempo libero del lavoratore, il diritto alla disconnessione per i dipendenti in smart working è difatti di fondamentale importanza per prevenire l’insorgenza di problematiche o disturbi legati al lavoro. La diminuzione o, in alcuni casi, la totale mancanza di separazione fra lavoro e vita privata comporta rischi gravissimi per la salute psicologica dei lavoratori. I principali danni causati possono essere:

  • Tecnostress: ovvero lo stress derivato da un utilizzo lavorativo incorretto delle nuove tecnologie, che porta a sovraccaricare i flussi di informazione generando ansia, insonnia e mal di testa;
  • Sindrome da burnout: ovvero un grave logorio psichico ed emotivo derivato dallo stress lavorativo che può sfociare in disturbi dissociativi, aggressività e svariate problematiche fisiche.

Oltre ai rischi patologici della mancata disconnessione, l’eccessivo sovraccarico di informazioni e la costante necessità di mantenere un’elevata attenzione può tradursi in una drastica diminuzione della produttività individuale. Nella valutazione della performance del personale, è importante tenere a mente la stanchezza fisica e la demotivazione. Questi elementi, infatti, possono portare il lavoratore “iperconnesso” ad essere incredibilmente meno efficiente di un lavoratore più moderato.

Anche l’International Network on Technology, Work and Family (INTWAF), rete internazionale di ricerca ha affrontato in chiave interdisciplinare uno dei problemi più̀ rilevanti e diffusi della vita moderna: imparare a gestire in modo più consapevole i dispositivi digitali, in particolare in relazione al rapporto tra tempo di vita e tempo di lavoro.
Diversi studi hanno messo in luce come la percezione di autonomia e ubiquità garantita dai device digitali sia solo un’illusione. Molti parlano infatti di ‘trappola della connettività’, da cui derivano evidenti conseguenze sui livelli di stress e sulla salute individuale, così come ricadute negative a livello organizzativo. Per questo motivo, è ormai ampiamente diffusa la discussione su un “diritto alla disconnessione”, che garantisca alle lavoratrici e ai lavoratori la possibilità di astenersi dalle comunicazioni elettroniche legate al lavoro durante le ore non lavorative.

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