Filtri e stickers: i dati biometrici messi a rischio dalle app

 

 

 

 

Cedere la propria immagine attraverso l’uso di filtri, sticker o la pubblicazione di post e video significa davvero donare la propria immagine alle applicazioni, ai social e ai potenziali hacker?

Svelati i propri tratti distintivi tramite i social

Il volto è uno dei veicoli principali attraverso il quale si esprime la personalità di un individuo. Attraverso la sua espressività le persone comunicano verso l’esterno le proprie emozioni, sensazioni, impressioni e le storie che li distinguono come individui.
I social dedicano molto del loro spazio al viso, infatti, tendenzialmente chi ci “mette la faccia”, conquista più facilmente seguaci e fans, esponendosi inconsapevolmente anche a numerosi pericoli.

La pubblicazione sui social network è diventata onnipresente per tutti: persone, aziende e governi di tutto il mondo. Per gli utenti comuni è uno strumento che viene utilizzato per condividere momenti e riflessioni personali, mentre per i professionisti rappresenta una modalità attraverso cui è possibile guadagnare più soldi e ottenere un seguito maggiore. Per imprese, istituzioni e organizzazioni, è diventato invece un mezzo per pubblicizzare e condividere aggiornamenti.

Sfortunatamente, condividendo contenuti multimediali personali in alta risoluzione, le persone espongono involontariamente anche modelli biometrici sensibili. Ciò è particolarmente pericoloso perché gli individui non sono consapevoli di ciò che stanno esponendo. Attraverso le tendenze dei social media e le sfide popolari, come sfide di trucco, utilizzo di filtri, creazione di video, sfide di canto, ecc., le persone rivelano dati personali inalterabili che possono essere utilizzati dagli hacker contro di loro.

Rischi informatici legati all’uso dei social media

I criminali informati possono sfruttare i post, le stories, i reel e i video presenti sui social per rubare dati personali e ottenere gli accessi a conti bancari e potali, dispostivi, ecc. degli utenti. Gli hacker possono:

  • Usare il volto e il modello vocale per creare un personaggio deepfake;
  • Assumere il controllo di un account che richiede l’autenticazione vocale;
  • Prendere il controllo di un account che utilizza il riconoscimento facciale per l’autenticazione;
  • Ingrandire parti di foto ad alta risoluzione, come quelle utilizzate negli eventi professionali, per ottenere dati biometrici utilizzabili. Ad esempio, durante un convegno una foto potrebbe rivelare chiaramente le impronte digitali di uno speaker mentre parla. La forma dell’orecchio è un altro esempio: anche se non viene utilizzato per l’autenticazione, può essere utilizzato per abbinare le persone ai filmati delle telecamere a circuito chiuso;
  • Iscrivere la persona a piattaforme che utilizzano funzionalità biometriche per gli account;
  • Impersonare una vittima e utilizzare i suoi account personali o aziendali

Dati biometrici e consensi alle applicazioni

App come Instagram, Facebook, TikTok e Whatsapp offrono numerose possibilità agli utenti per esprimersi attraverso la propria immagine. I filtri e gli stickers, ad esempio, sono divertenti e consentono di mostrare il proprio senso dell’umorismo ad amici e conoscenti. Tuttavia, non sono propriamente sicuri: entrambe le funzioni in qualche modo devono riconoscere l’utente, e calcolare i suoi dati biometrici per poterli trasformare. Nello specifico vanno a individuare occhi, naso, bocca e dimensione del viso.

Ma i social hanno il permesso di archiviarli? La risposta è sì. Infatti, durante la creazione del proprio account e l’iscrizione al social network, l’utente accetta delle condizioni d’uso, consentendo alla piattaforma in essere un ampio raggio d’azione. All’interno dell’elenco dei consensi viene anche espresso quello della persona a lasciare che il social copi, utilizzi e rielabori le immagini pubblicate in bacheca o nelle storie. È più che evidente quindi che i dati biometrici degli utenti sono in pericolo.

Difendere la propria privacy

Indubbiamente esiste la possibilità di regolare la propria privacy online, nascondendo contenuti a determinati contatti o a sconosciuti. Ma uno dei problemi con i dati biometrici è che, a differenza di una password, una volta esposta è quasi impossibile modificarla. L’iride o un’impronta digitale rappresentano una password che dura per tutta la vita e, una volta esposta al pubblico, un utente malintenzionato può utilizzarle prive di scadenza, tra cinque, dieci o cinquant’anni. È quindi importante sapere quali informazioni biometriche personali sono già state o potrebbero essere esposte e in che modo la pubblicazione di tali contenuti potrebbe influenzarti.

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