Negli ultimi anni la responsabilità delle strutture sanitarie è notevolmente aumentata e insieme a questa anche l’esigenza di ridurre gli errori che possono verificarsi durante le pratiche assistenziali. Il rischio clinico da un punto di vista etico risulta rilevante per gli operatori e le strutture sanitarie sia nei confronti dei pazienti in quanto ne sono responsabili, sia per la propria tutela in caso denunce e richieste di risarcimento danni a cui possono andare in contro.
Rischio clinico: cos’è
Per rischio clinico si intende la possibilità che un paziente possa subire un danno involontario ma allo stesso tempo imputabile alle cure sanitarie.
Il rischio clinico coinvolge tutti, sia i pazienti che operatori e strutture sanitarie in quanto sono in gioco la vita umana e le responsabilità legali da parte dei professionisti.
Il rischio clinico racchiude tutto l’insieme di pratiche e procedure atte ad individuare le fonti di pericolo, con lo scopo ultimo di ridurlo il più possibile. Durante gli studi universitari, medici, infermieri e operatori sanitari, non ricevono le dovute basi per conoscere a fondo il rischio clinico. Partendo dal fatto che la prevenzione del rischio si basa sulla conoscenza approfondita del rischio stesso risulta questa una carenza molto rilevante.
Inoltre, la legge Gelli 24/2017 sulla responsabilità professionale sanitaria ha ampliato lo spettro di responsabilità delle strutture. Risulta quindi necessario che le università e le aziende sanitarie investano tempo e risorse nella formazione e predisposizione di misure e procedure di sicurezza per una migliore gestione del risk management nel settore sanitario.
Sono molteplici e diversi gli eventi che possono portare al manifestarsi di un rischio clinico: stanchezza del personale, carenza organica, stress, sovraffollamento dei reparti, carenza della struttura sanitaria. Per minimizzare il rischio risulta necessario creare un piano strutturato e personalizzato per la corretta gestione di eventuali spiacevoli eventi.
Rischio clinico: la gestione nelle aziende sanitarie, le quattro fasi del Risk Management
La gestione del rischio consiste un’analisi accurata delle attività potenzialmente pericolose che possono manifestarsi all’interno delle strutture sanitarie. scopo primario si pone l’obbiettivo di limitare il numero di pazienti vittime di incidenti clinici, che possono verificarsi durante trattamenti terapeutici.
La legge Gelli prevede che gli operatori sanitari rispettino le “Buone pratiche per la sicurezza delle cure”. Queste allertano i professionisti di fronte a procedure che possono risultare altamente pericolose sia per i pazienti che per gli specialisti. Ad esempio, la “Raccomandazione per la prevenzione degli errori in terapia, conseguente l’uso di acronimi, sigle e simboli”, mostra a tutti gli esperti del settore come evitare gli errori dovuti all’uso di abbreviazioni, acronimi e simboli, consigliando l’impiego un linguaggio comune tra farmacisti, medici e infermieri. In questo modo ogni comunicazione tra colleghi, reparti e uffici risulterà chiara, efficiente e priva di incomprensioni che possono andare a ledere la salute dei pazienti.
Per evitare e prevenire i danni ai malati, e quelle che possono essere pesanti conseguenze sulle strutture sanitarie, le raccomandazioni ministeriali richiedono alle aziende di elaborare dei progetti scritti e di promuovere corsi di formazione del personale.
La procedura del Risk Management nel settore sanitario si suddivide in 4 parti:
- Risk Identification: processo di identificazione del rischio nel quale si specificano le situazioni, i comportamenti e le procedure specifiche che possono manifestarsi nel corso di ogni evento, in maniera differente in base alla branca medica specializzata;
- Risk Analysis:analisi del rischio dove vengono identificati i pericoli e le ragioni per cui potrebbero manifestarsi gli eventi indesiderati;
- Risk Control: controllo delle possibili perdite basato sull’azione formativa di tutti coloro che lavorano nel settore sanitario;
- Risk Financing: copertura finanziaria. Si tratta di un piano di management che identifica e quantifica alla struttura sanitaria i fondi necessari per far fronte alle spese dovute ai possibili pericoli.
Rischio clinico: quali sono le conseguenze per operatori
Negli ultimi anni le azioni giudiziarie e civili nei confronti degli operatori sanitari sono ampiamente aumentate. Secondo il rapporto IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni), nel 2017 sono state effettuate circa 14.000 denunce.
Gli operatori possono rispondere sia in sede penale che civile. In sede penale, un professionista sanitario risponde per i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose e, sarà un giudice a stabilire se il reato è stato commesso; in sede civile, è chiamato a rispondere per danno da morte e biologico, ai fini del risarcimento del paziente, ci si accerta che il danno sia stato effettivamente dovuto all’azione del professionista o della prestazione sanitaria.
Oltre alla responsabilità civile e penale ci sono anche quella amministrativa e disciplinare. La responsabilità amministrativa si configura a seguito delle azioni risarcitorie da parti di pazienti danneggiati nei confronti delle strutture sanitarie per errori compiuti dai dipendenti. La responsabilità disciplinare riguarda, invece, il singolo dipendente che ha commesso uno sbaglio sanitario.
Proprio per questi motivi la legge Gelli prevede l’obbligo per tutti gli operatori sanitari di sottoscrizione di un’assicurazione, per far sì che ogni professionista possa tutelarsi dai rischi che possono essere avviati dalla stessa struttura di cui si è dipendenti.
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