- Tipologie di buoni pasto: cartacei, elettronici e digitali
- Chi ha diritto a ricevere i buoni pasto
- I buoni pasto sono soggetti a Imposte dirette quali l’IRES?
- Cosa bisogna sapere in termini di fatturazione e contabilità?
- Considerazione per il calcolo dei contributi degli importi relativi ai buoni pasto
I buoni pasto rappresentano uno degli strumenti di welfare aziendale più diffusi in Italia. Sono infatti moltissime le imprese e gli imprenditori che scelgono di offrirli ai propri dipendenti in sostituzione del servizio di mensa. Un vantaggio che a prima vista sembra valere unicamente per i collaboratori ma che in realtà nasconde anche dei benefici per le aziende, i titolari di partita IVA e ditte individuali. I buoni pasto, infatti, sono deducibili ai fini delle imposte dirette e l’IVA risulta interamente detraibile.
Tipologie di buoni pasto: cartacei, elettronici e digitali
I buoni pasto possono presentarsi in diversi formati:
- Buoni pasto cartacei: voucher cartacei che possono venire consegnati dai dipendenti direttamente in cassa per nei vari esercizi convenzionati. Lo stesso dipendenti li riceve in ufficio fisicamente;
- Buoni pasto elettronici: buoni pasto utilizzabili sia tramite tessera elettronica sia da smartphone tramite l’installazione dell’apposita applicazione. Rappresentano l’evoluzione del buono pasto cartaceo. Sono leggibili dai vari POS grazie al chip e alla banda magnetica;
- Buoni pasto digitali: buoni pasto utilizzabili esclusivamente da smartphone tramite app.
In tutti e tre i casi, il dipendente ha diritto a utilizzare l’importo corrispondente al valore facciale del buono pasto stesso. Inoltre, come previsto dal decreto ministeriale n.122 del 7 giugno 2017, i buoni pasto possono essere cumulati e spesi contemporaneamente fino a un massimo di 8 per singola transazione.
Chi ha diritto a ricevere i buoni pasto
Possono ricevere i buoni pasto tutti i lavoratori dipendenti che ricevano una busta paga, sia che il loro contratto sia a tempo indeterminato, determinato, part-time, o di natura atipica. Ogni lavoratore ha diritto a un buono pasto al giorno per ogni giorno effettivamente lavorato. Da notare che i ticket sono utilizzabili esclusivamente dal titolare, non sono cedibili né commercializzabili o convertibili in denaro.
Va anche specificato che il buono pasto può essere speso dal lavoratore per mangiare presso un ristorante o self-service convenzionato oppure può essere usato per fare la spesa presso i negozi convenzionati. Tutti i negozi seguono regole proprie per accettare i buoni pasto (numero massimo, percentuale di buoni pasto rispetto alla spesa complessiva ecc.).
I buoni pasto sono soggetti a Imposte dirette quali l’IRES?
Dato che i buoni pasto rientrano, tra le voci di bilancio, nei costi del personale, essi sono deducibili al 100% per le aziende ai fini IRAP e IRES (persone giuridiche). La totale deducibilità, secondo l’Agenzia delle Entrate, dipende dalla considerazione che il costo sostenuto dall’azienda riguarda un servizio complesso non riducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande. La percentuale di deducibilità però varia in base al tipo di attività avviata. Infatti, per i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i freelance, le ditte individuali, gli agenti, i soci e gli amministratori, invece, il costo per l’acquisto dei buoni pasto è deducibile al 75% per un importo massimo pari al 2% del fatturato.
Cosa bisogna sapere in termini di fatturazione e contabilità?
La Cassazione (ordinanza n. 347/2014) ha stabilito che nei registri di qualsiasi tipologia di commerciante che aderisce al servizio deve essere segnato il valore all’incasso dei corrispettivi tramite accettazione dei buoni pasto usati per la transazione della merce. Per questo motivo non è consentito il recupero d’imposta su scontrini fiscali con ammontare discordante rispetto alle annotazioni sugli acquisti effettuati con i buoni pasto. In caso di infrazione specifici organi competenti possono avviare procedure di accertamento unificate (IRPEF, IRAP e IVA).
Considerazione per il calcolo dei contributi degli importi relativi ai buoni pasto
I buoni pasto sono esenti dai contributi previdenziali e assistenziali fino all’importo giornaliero poiché costituiscono un servizio sostitutivo di mensa. Difatti tali importi non costituiscono reddito da lavoro dipendente (articolo 51 del TUIR). Per questo motivo risultano uno strumento molto comodo e utilizzabile sia dai lavoratori dipendenti che dai liberi professionisti.
Deducibilità e detraibilità dei buoni pasto per ditte individuali e aziende
Quando si parla di costo deducibile si intende una spesa che può essere sottratta dal proprio reddito imponibile, o base imponibile, riducendo il totale sul quale le tasse vengono calcolate. Per questo, grazie alle deduzioni, si ottiene un reddito imponibile ridotto rispetto al reddito iniziale.
La detraibilità IVA, invece, consiste nella possibilità di poter detrarre l’IVA dall’importo delle imposte da versare, abbassando quindi l’ammontare delle tasse da corrispondere allo Stato.
I buoni pasto pertanto offrono un significativo vantaggio fiscale. Ad esempio, per i lavoratori autonomi, le ditte individuali o i liberi professionisti i buoni pasto sono molto convenienti: oltre che una pratica soluzione per la pausa pranzo, sono infatti un ottimo strumento per semplificare e risparmiare la gestione delle spese. Queste figure possono infatti dedurre fino al 75% dei costi ai fini delle imposte dirette nel limite del 2% del fatturato e detrarre interamente l’IVA del 10%. In più sussiste il concreto vantaggio di presentare un’unica fattura per tutte le spese: anziché richiedere fattura per ogni spesa fatta al ristorante, tavola calda o supermercato, basta conservare solo quella relativa all’acquisto dei buoni pasto. Tutto questo però non riguarda chi ha una partita IVA in regime forfettario che non consente infatti le detrazioni perché opera in regime di franchigia dell’IVA.
Per le aziende i vantaggi fiscali sono altrettanto convenienti. I buoni pasto infatti sono deducibili al 100% ai fini delle imposte dirette e permettono di detrarre interamente l’IVA al 4%. I vantaggi fiscali esistono sia per l’azienda, in generale il datore di lavoro, sia per i dipendenti stessi che usano i buoni pasto. Per i dipendenti infatti non costituiscono reddito di lavoro dipendente e sono esenti, di conseguenza, da contributi fiscali e previdenziali.